Il 16 gennaio del 1920 entra ufficialmente in vigore la legge che vieterà la fabbricazione, la vendita ed il consumo di alcolici negli stati Uniti d’America. Esattamente cento anni fa, oggi, ebbe inizio il proibizionismo, quel periodo che intendeva riportare gli americani alle “regole”, al moralismo puritano dei padri fondatori.

Nessuna tolleranza, pertanto, perché fu vietato ogni uso, anche moderato, di bevande alcoliche. Diversi furono i motivi che appoggiarono una scelta di questo tipo: fra queste troviamo certamente la volontà di eliminare una delle piaghe della società; le azioni dovute ad un uso massiccio di alcol, furono determinanti in questa scelta, come le violenze che spesso subivano le donne vittime di uomini e mariti ubriachi, solo per citarne una. Dai più religiosi, poi, il divieto di assumere alcol, il “veicolo” alla perdizione, significava trovare una via per un ritorno al moralismo e alla salvezza dell’anima.

È ovvio però che ogni divieto imposto dall’alto in maniera così drastica, generi l’effetto opposto. Proprio in questo in questo periodo, infatti, si innescò un contro-sistema della malavita per il traffico di alcolici che arricchirono smisuratamente veri e propri criminali e i loro imperi. Fiumi di alcol e dollari iniziarono a navigare nell’America di cento anni fa dopo che appunto venne sancito il Volstead Act (il testo legislativo voluto da Andrew Volstead che ha regolato il proibizionismo sugli alcolici dal 1919 al 1933) e il XVIII emendamento (l’emendamento che proibisce il consumo e la produzione di bevande alcoliche, annullato poi, successivamente dal XXI, emanato appunto nel 1933). I fuorilegge trovarono pane per i loro denti, perché iniziarono a smerciare alcol di contrabbando, mettendo da parte – anche se non del tutto – attività come estorsione e prostituzione attraverso cui, comunque, avevano “lavorato”, seppur non in maniera così redditizia.

Nel 2020, a cento anni da quei “ruggenti anni venti”, ricordiamo un periodo caratterizzato da tanti aspetti che continuano ad affascinarci: innanzitutto la nascita dei gangster che monopolizzarono letteralmente il commercio e la diffusione di alcol. Al Capone, mafioso statunitense di origine italiana, è stato certamente la figura di spicco di questo “contro-sistema”; si dice addirittura che «non c’è stato, nella storia, criminale più famoso» di lui, né “cattivo più cattivo” che abbia avuto tanta influenza nella cultura popolare diventando addirittura il simbolo di un preciso periodo storico. Gangster come Al Capone, pertanto, si arricchirono tramite i proventi del traffico di alcol che, proprio a causa della proibizione, videro una crescita esponenziale del prezzo.

Un vero e proprio commercio illegale che passava dai distillatori clandestini della Florida, di New York, di Detroit e di Chicago che Al Capone faceva poi rivendere negli speak-easy, locali segreti in cui veniva venduto alcol illegalmente.

Oltre a questo traffico illecito e alle inevitabili guerre tra bande criminali, bisogna ricordare che si iniziarono a distillare grandi quantitativi di alcolici fatti in casa; in questo “fai da te”, sorsero ulteriori problemi: innanzitutto per il gusto che non sempre era così gradevole (spesso infatti venivano mescolati con aromi di origine vegetale) ma, aspetto certamente più importante, alcuni di questi risultarono addirittura letali, proprio a causa di miscele che non erano affatto sicure.

Insomma, il proibizionismo partì con l’intento di mettere ordine al disordine che dilagava in quegli anni ma, proprio a causa degli effetti che provocò, si dovette ammettere il completo fallimento di quell’emendamento a cui si pose fine il 5 dicembre del 1933.