Era il 1° dicembre del 1970 quando venne introdotto, a livello legale in Italia, il divorzio. Cinquant’anni dopo parliamo di una svolta laica epocale che vide il grande disappunto della Chiesa, unico vero “detentore” delle leggi relative al matrimonio fino a quel momento e, di conseguenza, della Democrazia Cristiana. Ma in che contesto avviene l’inizio di questa stagione di riforme? Si consideri che, dopo oltre un secolo, viene messo in discussione il principio dell’indissolubilità del matrimonio grazie anche all’affermazione di una mentalità nuova, ma soprattutto laica, che segna dei cambiamenti importanti per l’intera società. Non a caso, infatti, con la legge 898 lo Stato si riappropria del diritto a fissare le regole sullo scioglimento del matrimonio, condizione che fino ad allora era di competenza dei soli tribunali ecclesiastici della Sacra Rota. L’approvazione di questa legge, votata ad ampio schieramento politico, vede dunque in netta minoranza la Democrazia Cristiana (certa che una modifica di questo tipo non sarebbe mai potuta realizzarsi), ma anche i monarchici e il movimento sociale. I primi a firmare la nuova legge sono stati gli onorevoli Louis Fortuna e Antonio Baslini.
Oltre a quanto una legge di questo tipo significava in termini di possibilità, ciò che merita davvero attenzione riguarda la dimostrazione di cambiamento profondo del Paese rispetto alle posizioni dei partiti tradizionali e, soprattutto, delle ideologie radicate in Italia. Questa battaglia, oltretutto, si inserisce in un contesto molto significativo, come gli anni del boom economico, il ’68, i movimenti collettivi e giovanili di protesta tutto ciò, insomma, che stava costruendo un’Italia nuova e più libera.
Per tornare alla nostra legge rivoluzionaria, di particolare riguardo sono le interviste di Pasolini sull’introduzione del concetto di divorzio e all’eguaglianza tra uomini e donne; sebbene la legge passi la votazione con ampio vantaggio, ciò che doveva essere condotto al vero cambiamento era la mentalità delle persone, la maggior parte delle quali faceva fatica a pensare che si potesse sciogliere un legame come il matrimonio o che una donna potesse scegliere in autonomia della propria vita. C’era come una sorta di divario tra chi necessitava di uno slancio verso il futuro e chi restava radicato alle tradizioni o a una carta mentalità (Pasolini domanda a un ragazzo: “Tu sei favorevole al divorzio?”, Il ragazzo risponde “No”/ “E perché?” / “Perché sono calabrese”).

Un curiosità che riguarda questa legge è che nel testo del 1 dicembre del 1970, non compare mai la parola divorzio, ma “scioglimento del matrimonio”o “cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio”.
Diciamo pure che le cose, da quella giornata, non sono state “semplici” né in termini di attuazione, né per quanto riguarda le conseguenze che ha portato in un popolo come quello italiano che, ben presto, si ritrovò a votare per il referendum abrogativo della legge solo qualche anno dopo.

In ogni caso oggi non si commemora un rito della memoria e basta, ma il punto di svolta dei rapporti quotidiani tra uomini e donne che resta vivo nel nostro presente. Celebrare questo giorno è importante per riflettere sul percorso di sviluppo di un’intera società e sul fatto che, alcune cose come le conosciamo noi oggi, non erano affatto scontate meno di un secolo fa.